E’ una domenica e sul campo dello stadio di Marassi, si disputa la prima giornata dell’allora Prima Categoria per il campionato 1913-14. Ad affrontarsi il Genoa dell’inglese appena arrivato Willian Garbutt e il Torino di Vittorio Pozzo.Ad arbitrare la sfida, Vincenzo “Nino” Resegotti.
I granata sboccano il risultato dopo solo sei minuti di gioco, con un tiro di Francesco Mosso I. Al 33′ ci pensa Percy Walsingham a portare il Grifone in parità, con un calcio di punizione da una trentina di metri.
Le due squadre dimostrano grande capacità tecnica, non per niente saranno tra le fondatrici del calcio in Italia. La partita però si accende al 15′ della ripresa: un travolgente contropiede di Mosso I porta i torinesi in vantaggio per 1-2. Dopo poco più di un minuto è di nuovo Walsingham a riportare i rossoblu in una situazione di parità. Al 17′ è la volta di Guido Debernardi: la palla supera le spalle di Surdez e finisce in rete. Al 39′ Eduard Bauer entra in area granata ma i difensori rimasero fermi, convinti di aver sentito il triplice fischio. Il centrocampista rossoblu calciò il pallone in rete: 3-3 il risultato finale.
Ma questa partita apparenza “nella norma”, aqcuista valore per un avvenimento: l’esordio in rossoblu del Figlio di Dio, Renzo De Vecchi.
Arrivato dal Milan per la cifra astronomica di 24.000 lire, De Vecchi entrerà nell’albo d’oro dei giocatori che hanno fatto la storia del Genoa. Ritiratori nel 1929, col Grifone collezionò 14 stagioni, 269 presenze, 37 gol e contribuì alla vittoria di 3 campionati.
Il soprannome quasi blasfemo “Figlio di Dio” gli venne affibiano durante il periodo milanese da alcuni tifosi. La leggenda vuole che, durante proprio una partita contro il Genoa, De Vecchi realizzò un doppio salvataggio in acrobazia e un dirigente rossonero esclamò: “Ehi, ma quello è il figlio di Dio!”