“Coi pantaloni rossi e la maglietta blu…” quante volte abbiamo cantato, urlato questi primi versi. Nelle piazze, negli stadi, per le strade o nella nostra camera. Con bandiere in mano e sciarpe al collo. Padri, madri e figli che intonano l’inno, amici e amanti, tutti uniti in una sola voce, mentre laggiù scendono in campo gli eroi di sempre.
Ormai lo sappiamo tutti a memoria e lo recitiamo quasi come una preghiera prima, dopo e magari durante la gara. Sia in casa che in trasferta.
Nel 1972 venne indetto, alla Fiera del Mare, un festival per scegliere l’inno ufficiale del Genoa. Tre serate con eliminatorie e finali, Enzo Tortora a capo della giuria. In tre giorni di eseguzioni vennero suonati circa 24 brani. La classifica finale vedeva “Inno al Genoa” di Corallo con 115 voti, “Festa Rossoblu” di Malosso-Sallustri con 130 voti e al primo posto, “Un cantico per il mio Grifone” di Piero Campodonico e Gian Piero Reverberi con ben 347 voti.La prima eseguzione ufficiale del Cantino, venne fatta cantare al gruppo dei Grifoncelli: studenti di due classi del Vittorio Emanuele.
IL ritornello “Aprite le porte oh oh, il Grifone va!“, che ormai tutti amiamo e cantiamo a pieni polmoni, venne realizzato da Campodonico, ispirato da un coro già esistente in Gradinata, esattamente: “Aprite le porte, che passano che passano… i rossoblù!“.
Vicenda delicata invece quella relativa al verso censurato. Campodonico scrisse una quartina differente da quella attuale: “Tornati a De Ferrari/ Festeggiam la vittoria/ Ancora più contenti/ Quanto perde la Sampdoria“. Forse poteva anche starci, ma Pippo Spagnolo, leader della tifoseria, consigliò a Piero di modificarla, affermando che negli inni non ci sono riferimenti ai nemici.
- Regòrdo do tifôzo…
<< Musicalmente non mi piaceva tanto..e a dirla tutta anche le parole – ero già un rompiballe -. Il ricordo più nitido che ho dell’inno? Abitavo in Germania, in quel 1973, e non riuscivo a vedere il mio Genoa risalire in serie A (ma vidi la prima contro il Perugia e il gran gol di Bordon nonchè ultima, la passerella contro il Lecco…). Festeggiavo la vittoria a modo mio, ogni domenica, mettendo su il 45 giri con l’inno per 11 volte e girando come uno scemo (vabbè, avevo 12 anni…) intorno al tavolo della sala sventolando la bandiera rossoblù… E per dilr aun pò come Fabrizio de André: “In fondo è bello che come ritornello il nostro inno sia rimasto quello”…>>
Fabrizio Calzia