Genoa-Juventus è stata una lunga agonia in attesa di un destino ineluttabile. Che puntalmente si è realizzato con la beffa di due calci di rigori causati da due sventurate giocate dei nostri.
Ieri pomeriggio, negli spogliatoi del Ferraris all’arbitro Di Bello più che la distinta è stata consegnata la resa incondizionata del Genoa. Lo schieramento con cui siamo scesi in campo al cospetto della Juventus già denunciava la volontà del nostro allenatore: consegnarci alla Juventus meno in palla degli ultimi anni, nella vana speranza che ogni loro sortita finisse nel nulla.
Vada come vada – E così è anche stato per un tempo, dove il Genoa ha continuato la strategia già sperimentata a Firenze lunedì scorso: quella di fingersi morti.
Maran si è presentato con tre difensori centrali , quattro mediani, un terzino di spinta, una mezzapunta e una punta; schierati tutti insieme ed appassionatamente in un improvvisato 4-4-2, davanti al rientrante Perin.
Va da sé che fin dalla prima azione i nostri giocatori si preoccupano più che altro di guardare a se stessi, cercando di capire se in quel momento stessero effettivamente occupando la zona giusta del campo che gli era stata assegnata da Maran e di fare meno danni possibili. Lo vedi che la loro unica missione è quella di cercare di fermare in qualche modo gli avversari che si trovano a passare da lì. Per il resto ci si affida al Caso.
Prime non prenderle. Secondo, non prenderle. Terzo: le prendi. – Così succede che fin dalla prima azione vieni braccato come fa un branco di lupi affamati, astuti e organizzati con una pascolo di pecore trovate per Caso a brucare l’erba in un prato. E finisce che dopo un minuto Perin viene travolto – e finisce in porta col pallone – da Rabiot, lasciato libero di colpire tutto quello che gli passava davanti in piena area di rigore – che per fortuna ha fatto tutto alzando le mani obbligando l’arbitro a fermare il gioco.
Si respingono assalti alla bene e meglio. La palla non resta più di dieci secondi tra i piedi dei nostri. In una delle rare occasioni in cui riusciamo a superare la metà campo con un improvviso contropiede di Scamacca (che sbaglia nello sviluppo dell’azione), regaliamo all’arbitro Di Bello l’occasione di mettersi in mostra: Alex Sandro, intervenendo da dietro, cerca di portare via il pallone a Scamacca e finisce per travolgere Bonucci, ultimo uomo a difesa della Juventus. Per Di Bello è fallo di Scamacca. Chapeu.
Va avanti così fino a quando dopo 57′ di gioco il destino s’avvera. Completamente a Caso c’è un errore di marcatura individuale di Rovella che apre il varco e Dybala, il più assetato tra i lupi, fa la classica cosa che ti aspetti da Dybala: movimento di gambe, rientra sul sinistro e ti punisce.
Provi a rialzarti, cadi subito: gol ma è fuorigioco. Provi a rialzarti e completamente a Caso la pareggi: la palla messa alla perfezione da Pellegrini sul secondo palo incrocia la parabola del casuale inserimento di Sturaro che buca Szczesny. Trovi coraggio: Rovella tira da fuori e quasi mette in difficoltà il portiere polacco. Poi un altro gol annullato alla Juventus per un fuorigioco millimetrico e la giostra dei cambi. E in giostra ci finiscono puntualmente i nostri: Rovella si ritrova a doversi occupare della zona lasciata da Sturaro e a Cuadrado sembra già Natale. I regali li confezionano quelli che si trovavano a passare da lì: Rovella e Pellegrini. Da lì in poi fa tutto il capo branco e i lupi ineluttabilmente sbranano le pecore.
Il pastore invece tutto bene era solo in tribuna come sempre ad assistere attonito alla spargimento di sangue del suo gregge. Un passo indietro come sempre.
Non me ne voglia Giuseppe Caso, che oggi ha esordito con la nostra Maglia e a cui auguriamo il meglio da questa avventura, per aver più volte tirato in ballo il suo nome in questo post per raccontare questa partita ma nomen omen più appropriato che mai.